martedì 20 maggio 2014

Di porta in porta fino a piazza pulita


Nel confronto a distanza che ieri sera Grillo, Berlusconi e Renzi hanno tenuto a Porta a porta, Quinta colonna e Piazza pulita, a vincere è stato senz’altro il leader di Forza Italia: per chiarezza di esposizione, varietà di proposte, capacità di persuasione, interesse suscitato e persino compostezza e serenità, quella serenità che proprio a lui, nelle condizioni in cui si trova, non era certamente richiesta.
Gli scalmanati e rutilanti avversari si sono riprodotti invece nelle stucchevoli pantomime cui ci hanno abituati, ripetendo canovacci e copioni ormai stantii che più vengono reiterati e meno credito ottengono, faticando a tenere il discorso, proponendosi nelle vesti di salvatori della patria che anziché ringraziare gli italiani per il voto che avranno pretendono e si aspettano di essere da loro ringraziati. Se non fosse stato per Del Debbio, che alla fine ha in tutti i modi cercato di zittire Berlusconi adombrando la sindrome di cenerentola del rientro obbligato, spostando l’attenzione degli spettatori da quanto stava dicendo a quando avesse smesso di parlare, Berlusconi avrebbe conseguito un successo pieno. 
Invece ha dovuto sudare per contenere il conduttore irto in piedi a mostrargli l’orologio perché in verità aveva altri ospiti ad attendere e non aveva tempo per continuare a fare parlare Berlusconi su un argomento, quello del complotto, che deve aver ritenuto di scarsa importanza quando poco dopo la stessa rete ha dedicato adesso un programma intero. Un comportamento da non fedelissimo quale Del Debbio è, né giornalistico, tanto che a un certo punto Berlusconi gli ha detto di stare calmo perché il problema del rientro non riguardava lui ma se stesso.
La questione del complotto, da Del Debbio sollevata solo alla fine, ma a tempo: sei minuti, è centrale nella strategia di Berlusconi, ancor più perché è stata da tutti ridimensionata se non sconfessata, ma soprattutto perché lo rigenera da male assoluto dell’Italia a vittima incolpevole dell’Europa coalizzata. Del debbio non l’ha capito e anziché rendere un servizio al suo capo gli ha procurato un danno mostrandolo, in casa sua peraltro, nei panni di un vecchietto in preda a lallazione e incontenibile nel parlare di sé.
Tuttavia, chi avesse cambiato canale avrebbe trovato un Renzi assolutamente convinto di stare facendo una rivoluzione e ancor di più persuaso di aver risolto a una piccola parte di italiani il problema di pagare le bollette o mangiare una pizza in più con moglie e figli con gli ottanta euro, lordi, fatti trovare in busta paga: ottanta euro che diventano venti più la busta paga è leggera e che non vedrà nessuno di quanti pensano non alla pizzeria ma a rovistare tra i rifiuti o fanno la fila alla Caritas. Eppure gli va riconosciuto che la sua presenza ha significato il ritorno della gente in piazza, il ripristino del comizio come mezzo di comunicazione, la trasformazione del Pd in un partito autenticamente di sinistra, la fiducia instillata nella gente che se non vede risultati adesso quantomeno li intravede nel futuro prossimo.
Cambiando ancora canale, sarebbe apparso su Raiuno Grillo, che è il vero rottamatore e che ha ridotto Vespa a un misirizzi non solo zittendolo ma prendendolo ripetutamente in giro con grandi risate del suo stesso pubblico. Grillo non ha fatto che ripetere argomenti che si porta dai tempi delle comicate e agitare fantasmi che vede solo lui, prospettare soluzioni impossibili e sognare percentuali elettorali del 94%. Una pena. 
La sua ignoranza in materia elettorale e istituzionale è totale, le sue proposte in economia e in fatto di moneta europea sono quelle di altri, la sua idea di annullare l’Expo è da ragazzaccio della Via Pal, le sue panoramiche sul sistema finanziario mondiale sono visioni. Ma è vero un fatto: il suo avvento in politica ha rotto le logiche bipolari introducendo un terzo convitato che non è rimasto di pietra. Ed è anche vero quando dice che Cinquestelle ha raccolto la protesta e l’ha rabbonita incanalandola in un gurgite pacifista e neutralizzando lo spirito di rivolta che stava montando di fronte all’aggravarsi della crisi economica e all’impasse politica del 2011. Il suo merito è stato lo stesso conseguito da Forza Italia all’indomani della disintegrazione della Democrazia cristiana, quando riempì un vuoto che altrimenti, in un Paese sempre tentato da rigurgiti autoritari, sarebbe stato colmato dai poteri forti ed occulti oppure dalla frammentazione politica che altro non avrebbe sortito se non la stessa soluzione di forza. 
Sicché, se Berlusconi nel 1994 fermò una possibile insorgenza militare, Grillo vent’anni dopo ha imposto l’alt a una piazza ribollente, priva di prospettive di cambiamento e disposta perciò a infiammarsi. E Renzi? Dal canto suo “l’abatino”, il pibe del giglio, ha dato la svolta al percorso del Pd e la scossa all’azione di governo consegnando agli italiani un programma in attesa di un rendiconto. Sembra poco, ma la speranza è uno degli stimoli più efficaci per la crescita e la ripresa. Induce all’ottimismo, come ricorda papa Francesco.
Senonché questa campagna elettorale sta apparendo drogata da elementi imprevisti: pur trattandosi di un voto per l’Europa, i tre leader ne hanno fatto una prova politica di verifica del risultato del 2013. Appena quindici mesi dopo si torna dunque alle urne per stabilire la nuova graduatoria, essendo chiaro che non muterà solo lo scacchiere ma anche la scacchiera. Il che è quanto le tre grandi forze politiche avrebbero dovuto evitare a tutti i costi trattando le Europee alla stregua di elezioni amministrative, prive cioè di effetti sugli equilibri o disequilibri nazionali. Così non è stato, per colpa soprattutto dei due neofiti del momento: Renzi e Grillo, che sembrano voler cambiare il Parlamento di Roma anziché quello di Strasburgo. Berlusconi, forse per calcolo e forse perché più politico degli altri, nei limiti in cui uno che è nato imprenditore possa mai diventare davvero un vero politico, è il solo che sta parlando di Europa, anche perché in Europa ha perso il suo governo e ha lasciato i suoi nemici ai quali ha giurato vendetta.