lunedì 31 agosto 2015

Grand Hotel / San Domenico, galleria di star


Oltre al registro degli ospiti color paglierino con gli autografi di personalità e personaggi soggiornati al San Domenico, Luisa Cacopardo, assistente del direttore, custodisce con molta cura un elenco puntualmente aggiornato del bel mondo che ha continuato a passare dall’hotel “cinque stelle lusso” di Taormina.
E’ giovane, ma ha imparato che il bene più prezioso di cui dispone l’albergo è proprio la memoria della sua plurisecolare attività: così ha salvato l’album dalle pretese degli ultimi proprietari per poterlo oggi mostrare fieramente come un fantasmagorico cosmorama. 
Guardandovi dentro e guardandosi anche attorno, al brivido che dà un tempio dove gli inquisitori domenicani avevano professato la massima moralità, e tutt’oggi osservano con cipiglio il mondo taorminese in peccato dall’alto delle tele che pavesano corridoi e scalinate, si sostituisce il fremito, a volere incrociare le date, della scoperta di re Umberto in intimità con Cocteau, Visconti e Primo Carnera; di Wihelm Von Gloedel intento a fotografare efebi di strada attirati nel chiostro principale; di Roger Peyrefitte impeccabile e pettegolo dandy in bianco e rosa; di Truman Capote con il suo assegno scoperto emesso per comprare Isolabella, e di tantissimi altri omosessuali in incognito che al San Domenico hanno potuto trovare in ogni epoca inderogabile riservatezza e incondizionata licenza. 
Senonché gli antichi monaci non devono aver gradito granché i tempi nuovi se la stessa Luisa Cacopardo, ridendoci un po’, non fa mistero di scranni che sbattono da soli, ragazze che passando davanti a una particolare stanza avvertono presenze oscure, ospiti pronti a giurare di aver dormito in letti tremolanti, passi notturni sulla terrazza, una fotografia nella quale si vede una indistinta donna vestita di bianco e un dipendente che si chiamava Ciccio e diceva di avere in albergo un fantasma per amico. 
Più che un palace il San Domenico parrebbe un castle che nasconda arcani misteri. In realtà troneggiano a bella vista vasi da farmacia che fanno pensare ad antiche erboristerie e a preparazioni medicamentose. Nel sottosuolo, cosparso di cunicoli di fuga, c’è poi chi ha visto un grande tavolo di pietra dove i monaci avrebbero praticato l’aborto al servizio delle migliori e più incaute damigelle. Ma quel che di certo si può dire dei domenicani è che furono ardenti carbonari sicché mutarono il convento in un covo di irriducibili antiborbonici. Non per questo però Walter Matthau, quando girò a Taormina Il piccolo diavolo, alle tre di notte chiese al portiere se avesse monaci o cappuccini perché ne voleva uno in camera, destando qualche perplessità sulla natura della richiesta finché non scoppiò in una delle sue risate. 
Caso raro nella severa gerarchia alberghiera, l’ultimo “primo portiere”, Nino Crimi, una vita negli hotel taorminesi, dà del tu a Luisa Cacopardo e da pensionato l’aiuta adesso a conservare i ricordi. Che lui serba con lo scrupolo del classico concierge depositario dei segreti dei clienti, ancor più se celebri e intemperanti come quelli del Festival del cinema che al San Domenico teneva pure i suoi uffici. Ma è l’albergo che parla per lui: non tanto il Grand Hotel, che costituisce la parte nuova, quanto l’antico convento, le cui stanze danno sul giardino o sul chiostro interno a differenza delle prime che dominano il mare e un panorama irripetibile, offrendo insieme due modi alternativi di concepire, tra classico e moderno, una residenza extralusso. Tuttavia sia Luisa che Nino, nonostante il divario di età, amano due suite che sono nel convento, la “Truman” e la “Liz Taylor”, sebbene la “presidenziale” del Grand Hotel sia invero la più superba, la più costosa e perciò la più richiesta dai tycoon di tutto il mondo che se la disputano senza tregua. 
La “Truman” è nota perché, destinata al presidente Usa, vi alloggiò piuttosto Rama V, re del Siam, venerato come un santo e ricordato nel film Anna e il re. Davanti alla suite dove alloggiò, i clienti thailandesi si prostrano ancora oggi in curiosa preghiera. La “Liz Taylor” è famosa invece per avere ospitato la tumultuosa coppia che l’attrice formava con Richard Burton, quello che strizzava l’occhio a tutte le starlet e che perciò, durante uno dei celebri concerti offerti dal San Domenico, si ebbe un mandolino in testa che la gelosissima consorte strappò di mano al violinista. Non facevano che litigare, nel pieno di sonorissime sbornie, per cui i vicini di suite chiedevano di cambiare camera ed erano subito accontentati. Nondimeno il giorno dopo apparivano seraficamente in pubblico, pronti anche a farsi fotografare in un tenero bacio, complice il portiere che negava ogni diverbio affettando il massimo tatto. Nino Crimi dovette averne molto quando salvò il soggiorno di Ugo Tognazzi non commettendo l’errore del portiere di un altro hotel che gli aveva chiesto i documenti, il tempo che l’attore andasse prima su tutte le furie e poi del tutto via. 
Crimi imparò l’arte dal re dei portieri del San Domenico, Francesco Lo Re, una vera leggenda. Fu lui che con la più sottile compunzione servì per anni il barone Agostino La Lomia di Canicattì che prenotava una suite per sé e una “classica” con bagno per il referendario del regno di Capo La Croce, isola del Taorminese, alias il suo merlo parlante.
Nessun portiere del San Domenico si è tuttavia scomposto ad alcun genere di stravaganza: né quando solenni convegnisti in vena di scherzi e un po’ alticci si camuffarono in spettri introducendosi nottetempo nelle stanze dei colleghi più antipatici; né quando alle 5 del mattino Diane Keaton chiamò un taxi e piantò Al Pacino e Il Padrino; e Ava Gardner esonerò platealmente l’amante George C. Scott nel mezzo delle riprese della Bibbia; o ancora quando Marlene Dietrich fu vista fare ogni tentativo per essere ricevuta da Greta Garbo; oppure quando Antonioni fermò quanti stavano ripulendo dei festoni e dei coriandoli la Sala degli specchi perché volle subito girarvi una scena della sua Avventura; né quando Michelle Pfeiffer, pur non invitata al Festival del cinema, prese alloggio al San Domenico, si fece amico Nino Crimi, col quale passò il tempo giocando a carte, e provò in tutti i modi a incontrare Zeffirelli.
Il San Domenico ha anche visto, senza neppure un tremito, il più cordiale e cortese Heinrich Himmler accarezzare i cagnolini e i bambini. E forte della sua impassibilità oggi concede che una sala pranzo sia intitolata alla “poppante”, una donna giovane e procace che in una tela sovrastante i tavoli allatta il padre con tanto di seno scoperto.

Articolo pubblicato il 30 agosto 2015 su la Repubblica di Palermo