Monica Blasi |
La foca monaca non vive ormai da anni nella Grotta del bue marino e i delfini del tipo tursiope (rimasti in poche decine di esemplari) si sono ridotti ancora più di numero. L’Area marina protetta attesa da tutti fatica a diventare realtà mentre i pescatori seguitano a lamentare gli attacchi dei cetacei alle loro reti. L’antropizzazione non ha fatto bene a Filicudi, dove le strade asfaltate per le auto hanno invaso un terzo dell’isola, da Pecorini a Maresu per Stampagnato, Rocca dei ciauli e i tornanti fino al Val di chiesa e giù quasi al villaggio preistorico, formando un triangolo fonte di rumori sconosciuti e nocivi alla fauna millenaria, ai delfini, le tartarughe marine e i capodogli che devono pure barcamenarsi tra gozzi, traghetti, aliscafi e sempre più numerosi yacht.
Ma il resto dell’isola, la gran parte, è un reticolo di sentieri silenziosi, molti abbandonati e franati, che portano lungo itinerari naturalistici punteggiati del rosso del lentisco e del giallo della ginestra: parte di un territorio aspro, nereggiante - costellato di montagnole fino oltre 700 metri nella Fossa felci, il cuore vergine dell’isola -in nessun punto del quale si perde la vista del mare. In questo periodo è possibile avvistare il passaggio della berta maggiore e dell’airone cinerino, come in primavera la migrazione dell’upupa, della garzetta e del falco della regina che posa sulla Canna, il faraglione irto davanti a Filicudi come un totem che ne testimoni l’origine vulcanica.
Aguzzando la vista è visibile nel mare colore del cobalto l’altra specie di delfini, le stenelle striate, che non costeggiano come i tursiopi e saltano spumeggianti al largo; e affinando l’orecchio si può sentirne il fischio e magari scoprire che lì vicino ondeggia un’imbarcazione. Ma vedere vorticare i delfini di Filicudi non è programmabile perché il whale watching è scoraggiato, diversamente che altrove. L’associazione Wild Life Conservation di Monica Blasi, una biologa romana da tredici anni a Filicudi, promuove invece lo snorkeling guidato, la possibilità cioè di osservare il fondo stando a pelo d’acqua. Così è forse possibile vedere più da vicino i cetacei eoliani, come pure una Caretta caretta, specie vicinissima all’estinzione e per la quale l’associazione filicudiana tiene attrezzato un pronto soccorso.
L’associazione opera tra Filicudi, Salina e Alicudi e promuove campi di ricerca di una settimana: basta prendere la tessera, pagare la quota e si vive da volontari un’esperienza che da turistica si trasforma in ecologica, tale da poter lasciare il segno del proprio contributo alla conservazione degli habitat. Chi invece vuole solo goderne i fenomeni può, tra mare e terra, non dimenticando il cielo, affidarsi al piacere dell’escursione attorno e all’interno dell’isola, incontrando punte, calette e falesie e poi valloni, sciare e rupi, così passando dalla barca agli scarponi, che inducono il sortilegio del mondo remoto, nel silenzio rotto solo dalla risacca e dal verso che fa la natura.
Articolo uscito su la Repubblica-Palermo il 13 luglio 2017