lunedì 2 maggio 2022

Carofiglio trasloca a Milano. Con una donna più vizi che virtù



Articolo uscito su Libero il 30 aprile 2022

Accantonati il replicante avvocato Guerrieri e il fugace maresciallo Fenoglio, volendosi sprovincializzare una volta traslocato da Bari a Milano, dove ha ambientato i due episodi del nuovo ciclo di Penelope Spada, Gianrico Carofiglio ha pensato di liberarsi del laticlavio di autore raffinato che lo stava affossando e, adottando una donna metropolitana come eroina, si è votato a una scelta più mass-cult sposando le teorie del romanzo di ultima cotta, che richiedono un pubblico tanto più basso quanto più vasto, da conquistare con la tecnica delle serie Tv: piacioneria più faciloneria, una trama di schemi fissi alla Camilleri e un modello di aneddotica intinta nella massima e nel mottetto come anche nella barzelletta da elevare a principi morali. Indimenticabile quella comparsa in La disciplina di Penelope dell’ubriaco che cerca le chiavi dove non c’è buio. Arcinota fino all’improponibilità e propinata come apologo morale.
Tanto ruffianesimo (per cui l’autore pugliese non si esime dallo spiegare al lettore di nuova acquisizione cosa sono lo schema Ponzi, il Luminol, l’effetto Forer: tutto ciò che non bisognerebbe fare in un romanzo) è valso la vetta delle classifiche di vendita, giacché Rancore (pp. 238, euro 18,50, Einaudi) è un riuscito esempio di narrativa di consumo che, voltate le spalle alla letteratura, non chiede al lettore di farsi domande come succede per un vecchio giallo ma di darsi facili risposte nel presupposto che gli elementi di profondismo, psicologismo e moralismo cosparsi nel testo come polle di sapere insieme con nozioni estemporanee di diritto processuale formino il nuovo genere di poliziesco all’italiana che, con vaghi echi gaddiani, sottenda un Falcone maltese da leggere come La coscienza di Zeno. Per modo che Sam Spade, il detective privato di Hammett, presta il solo cognome alla detective di Carofiglio Penelope Spada, perché lo spirito dell’hard-boiled che la femme sans merci meneghina vorrebbe mutuare si costituisce nei modi più provinciali, contraddittori e implausibili.


Carofiglio concepisce infatti una donna in taccia di uomo duro e crudo – vita sregolata, solitaria e accidiosa, vizi di maschio tabagista, alcolista e crapulone, hobby virili come esercizi fisici da sforzo, condotta spudorata e comportamento professionale spregiudicato – ma sortisce una figura di tutta improbabilità: lasciata la magistratura per indegnità, Penelope avvia un’attività di investigatrice privata senza però avere la licenza e usando mezzi che sono propri di un inquirente, tanto da dire a un teste che le sue domande fanno “parte della procedura”. Domande che lei stessa (essendo l’io narrante, al pari dell’avvocato Guerrieri) riconosce spesso banali e non poche volte risibili, come quando in La disciplina di Penelope chiede a un ladruncolo se ha visto in faccia la donna morta che gli appare in sogno. Domande, secondo lei, da non fare mai a una persona che renda dichiarazioni spontanee, così da non suggerirle le risposte, mentre poi ne sciorina tante da indurre la stessa teste a chiederle di non interromperla. Né le sue teorie sulla prassi giudiziaria lasciano meno attoniti, se sostiene che parole quali “veramente”, “davvero”, “sinceramente” rivelano un teste mendace, non diversamente che nel caso di una donna con la mano alla bocca che finga sorpresa.
Di sorprendente c’è davvero la confusione che Carofiglio fa tra sostituto procuratore e pubblico ministero (veste che il magistrato ricopre a processo avviato), come anche tra sostituto e giudice, il solo che possa decidere “a orecchio”, cioè secondo il libero convincimento. Ma sorprendono anche la circostanza per cui la Spada si assegni da sé un caso giudiziario segnalato da un maresciallo che scavalca il procuratore; il fatto che entrambi prestino speciale attenzione a un esposto che appare il supponente articolo di un politologo; la considerazione che gli esposti anonimi siano irrilevanti quando la lotta alla mafia è stata condotta a Palermo anche grazie all’appello della Procura a presentare denunce anonime; il caso di una detective che, appostata davanti a un palazzo per vedere chi entra ed esce, si immedesimi nella lettura di un romanzo al punto da avere voglia di conoscere l’autore.
La svolta di Carofiglio, che ha aperto un terzo filone della sua miniera, invero ben redditizio, deve pagare un prezzo alla “cultura di massa”, cosicché ora indulge a scrivere frasi del tipo “La verità emotiva della morte del padre era apparsa inattesa sull’orizzonte della coscienza”, “La domenica è la perfetta lente di ingrandimento per l’angoscia che ti porti appresso gli altri giorni della settimana”. E al colmo “Un maialino riesce a manipolare una tastiera per ottenere il risultato desiderato”. Esattamente quello che ha fatto lui.