L’avvocato Massimo Lovati, esonerato da Andrea Sempio per il caso Garlasco, ha detto a “Porta a porta” che è una trasmissione di intrattenimento. Bruno Vespa ha pensato di correggerlo definendo la sua trasmissione di informazione. “Vede qualcuno ballare, fare salti, aprire pacchi?” gli ha chiesto. Lovati l’ha chiusa con una battuta: “Ognuno pensa quello che vuole, per me è di intrattenimento”. E ha mille volte ragione. Se quello di Vespa è un salotto televisivo fondato sulla conversazione si chiama tecnicamente proprio “talk show”, ovvero “spettacolo di chiacchiere”. Lo sono, per loro natura, tutti i programmi televisivi che suscitano l’interesse del pubblico dal confronto verbale e dalla disputa.Dopotutto per essere anch’essi legati all’audience non possono non dare spettacolo: che non vuol dire aprire pacchi e ballare in studio. “Affari tuoi” e “Ballando con le stelle” non sono talk show, ma programmi di varietà. Uno è un game show e l’altro un talent show, per via della presenza di concorrenti che gareggiano. Il vegliardo della Rai ha dimostrato di non conoscere la differenza tra programma di intrattenimento, di varietà e di informazione, Sono di informazione i telegiornali e gli approfondimenti come “Report”, “Tv7”, “Speciale Tg1”, dove non ci sono ospiti ma al limite intervistati. Sono di intrattenimento tutti quelli che riuniscono in uno studio o in collegamento persone chiamate a discutere su un argomento. Sono di varietà quelli essenzialmente musicali come i festival ma che mischiano, appunto variando, sketch comici, ospiti, numeri, canzoni. Nella puntata di ieri di “Porta a porta” il direttore di “Oggi” Andrea Biavardi è intervenuto per dire che fa il giornalista da 45 anni e quello che fa non è intrattenimento: “E per questo sono a “Porta a porta”. In realtà quello che fa è informazione, ma quello che ha fatto ieri sera è stato intrattenimento se non spettacolo puro, visto che si è voluto prendere la scena al posto di Vespa.
Agisce un equivoco di fondo in tutta questa materia. I talk show sono per tradizione condotti da giornalisti perché si occupano di fatti realmente accaduti e li approfondiscono. Ed ecco il punto: l’approfondimento. Se questo implica un contraddittorio quale che sia e non un commento richiesto alla stregua di un’intervista, il giornalista si muta in moderatore e in tale veste quello che fa è intrattenimento, cioè conversazione. Dovrebbe essere impedito ai giornalisti televisivi, che prendono non a caso la qualifica di conduttori che vale come moderatori, di gestire trasmissioni con ospiti in studio, perché la conversazione, da Socrate in poi, è una forma di spettacolo al quale assistere nel gusto di vedere chi prevale o nell’interesse di sapere chi ha ragione. Per un inderogabile principio deontologico il giornalista deve dare notizie e in una qualità diversa che deve rendere nota al pubblico può anche commentarle e raccogliere commenti altrui in sede di intervista, il suo principale strumento di lavoro.
Condurre dibattiti in televisione o alla radio comporta il rischio di cambio di carreggiata. C’è un labile limite che distingue il dibattito dal talk show: la sovrapposizione delle voci e il libero confronto. Un conto è infatti il dibattito televisivo alla maniera della vecchia “Tribuna politica” o degli incontri con due ospiti rivali (candidati per esempio a una presidenza) che abbiano un tempo assegnato per esprimersi senza rischio di essere interrotti; un altro conto è la cagnara che nasce in tutte le trasmissioni, nessuna esclusa (mattutina, pomeridiana e serale), dove più ospiti pensano di essere nel salotto di casa e ad ogni attimo il telespettatore si aspetta che il padrone di casa dica: “Ragazzi, prendete qualcosa?”. Epperò sono queste trasmissioni a fare ascolto, quindi spettacolo, nella certezza che un’intervista in studio lunga più di quindici minuti non possa che perdere pubblico.
Stando così le cose, i programmi di intrattenimento condotti da giornalisti che pensano di rimanere tali (e si vergognano se additati come intrattenitori) si travestono da programmi di informazione per darsi un tono e non fare credere che sono pronti a presentare “gente che salta” e gabbano i telespettatori. Massimo Lovati sarà un beone, sarà perso dietro le corse dei cavalli, sarà un avvocato silurato, ma ha detto, convinto, serio e pacato, una grande verità: “Per me questa è una trasmissione di intrattenimento”.