Il pacifista, umanitario e suasivo Alessandro Di Battista ha superato Grillo a destra nella corsa all'eccesso. Ha nobilitato il terrorismo come unica arma contro il potere militare.
Ha detto che "nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà". Squilibrio degli armamenti tra chi? Tra potenze, evidentemente: una delle quali, essendo meno provvista dell'altra, ribellandosi ricorre al terrorismo. Questo sembra il senso di quanto scrive Di Battista sul blog del capo. Ma si sa che non è così nella realtà, perché ad esercitare il terrorismo sono i terroristi, i quali non detengono ovviamente il potere, né che questo sia forte né debole. Secondo il neo-ideologo di Cinquestelle, a fare la differenza tra un paese e l'altro o tra due apparati militari, determinando il "totale squilibrio", sono i droni: lo Stato che non ce li ha o manca di armi di pari forza offensiva si ritrova a essere Stato terrorista perché ribelle.
Ha detto che "nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà". Squilibrio degli armamenti tra chi? Tra potenze, evidentemente: una delle quali, essendo meno provvista dell'altra, ribellandosi ricorre al terrorismo. Questo sembra il senso di quanto scrive Di Battista sul blog del capo. Ma si sa che non è così nella realtà, perché ad esercitare il terrorismo sono i terroristi, i quali non detengono ovviamente il potere, né che questo sia forte né debole. Secondo il neo-ideologo di Cinquestelle, a fare la differenza tra un paese e l'altro o tra due apparati militari, determinando il "totale squilibrio", sono i droni: lo Stato che non ce li ha o manca di armi di pari forza offensiva si ritrova a essere Stato terrorista perché ribelle.
Di conseguenza il vero problema è di insegnare ai Paesi più deboli a fare la guerra: come in realtà si disse dopo l'11 Settembre quando i terroristi di bin Laden furono accusati di combattere una guerra con mezzi non convenzionali, non sapendo come farla secondo i metodi condivisi. Un modo dunque per giustificare la guerra e di renderla accettabile: una logica che oggi Di Battista mutua per legittimare il terrorismo. Del quale dà una spiegazione empirica: "Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana".
Anziché dire che la sola strada per difendersi è costituita dalle "tecniche nonviolente" - le migliori, ma non si capisce perché se sono alternative e succedanee - Di Battista non ha alcun dubbio nell'indicare negli attentati suicidi gli atti di guerra più conformi all'attacco subito.
Ma la storia non ci ha insegnato questo, perché sin dall'antichità una città in pericolo e in procinto di cadere nel dominio di un invasore non armava, dopo l'invenzione del fuoco, attentati suicidi ma si rivolgeva ad un'altra città per avere manforte e stringere alleanza. Era addirittura ammesso, come nel caso di Alcibiade, di passare da uno Stato all'altro che fossero in guerra, ma non era nemmeno immaginabile morire per uccidere dei nemici.
Ma forse Di Battista intendeva altro per indicare il terrorismo. Che è un termine non diverso da "credente" o "barbaro". Infedeli e barbari sono stati quanti credevano in un Dio diverso o fossero stranieri. Così anche i terroristi, evoluzione tecnologica dei banditi. Anche Garibaldi fu considerato dai Borboni un terrorista, così come a Cuba Fidel Castro. Vige un principio in materia: se ammazzi tutti gli uomini al potere diventi un liberatore, ma se ne resta solo uno vivo sei un pluriomicida e quindi un terrorista.
Avremmo avuto strade intestate a Giangiacomo Feltrinelli come le abbiamo a nome di Lenin e Marx se la storia del terrorismo in Italia avesse avuto altro svolgimento. La verità che la legge del Far West, per la quale ognuno si fa giustizia da solo, vale anche per gli Stati, i quali non operano diversamente dai pistoleri, come insegnano Israele e Stati Uniti. E come insegna anche Hamas in Palestina: uno Stato virtuale retto da un'organizzazione democratica ritenuta terroristica. Che non usa droni ma missili terra-area, che sono solo poco efficaci perché finiscono contro gli scudi aerei israeliani ma che nelle intenzioni sono altrettanti distruttivi degli ordigni di Tel Aviv.
A decidere dunque chi e perché può dirsi terrorista non è, come sostiene Di Battista, la condizione di minorpotenza o di ribelle ma la storia. Il primo terrorista al mondo fu Sansone, che volle morire da ebreo con tutti i filistei, ebrei anch'essi. Sansone ci insegna - e la storia vorrà che siano oggi proprio gli ebrei a subire la sorte dei kamikaze palestinesi - che il terrorista non uccide solo se stesso ma anche gli altri come lui, tanto che la Bibbia ammette che fece più vittime da morto che da vivo.
Se Di Battista ha inteso - come sembra, salvo non abbia avuto lo stesso colpo di sole che Renzi ha diagnosticato a Grillo - raccogliere consenso tra i ribelli, i filopalestinesi e i comunisti dell'antica ora ha sbagliato l'entrata e l'uscita dalla scena: perché i droni li userebbe anche Hamas, altroché, se li avesse e perché la cultura occidentale, formata dalla dottrina cristiana, non conosce i terroristi kamikaze ma i martiri immolati. Quelli sì da nobilitare, ad avercene.