venerdì 17 ottobre 2025

Israele poteva massacrare i palestinesi detenuti, anch'essi civili. Ma non l'ha fatto


La mattina del 7 ottobre 2023 i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane ammontavano a cinquemila circa. Dopo la strage di Hamas che costò 1200 ebrei morti, sarebbe stato istintivo rispondere facendo una mattanza di persone che qualche colpa comunque avevano per essere tenute segregate. Forse è successo, nel silenzio anche di tutte le forze arabe e musulmane, ma non se n’è saputo niente, segno che al limite deve essersi trattato di qualche episodio individuale. Non ci un ordine dall’alto di applicare la legge del taglione, ma se fosse successo, nessuno al mondo, nello sgomento e nella rabbia di quei giorni, avrebbe potuto avere niente da ridire. Fu una dimostrazione di civiltà di cui i propal non hanno oggi tenuto alcun conto nel protestare contro gli eccidi israeliani a Gaza mettendosi dalla parte di Hamas, che ora le armi le ha rivolte sui dissidenti interni alla Palestina. Altra dimostrazione di civiltà è quella di chiedere le salme degli israeliani uccisi o morti nei tunnel di Gaza minacciando la ripresa dei bombardamenti. Uno Stato che rispetta i detenuti, prigionieri di guerra o terroristi che siano, e che onora i propri morti (non caduti in battaglia, ma civili nelle mani di banditi come ostaggi) non merita l’odio montante che si è attirato in Europa e in particolare nel Nord Italia.
Abbiamo sentito dire a Formigli che non è stata una guerra quella tra Israele e Hamas, perché non ci sono e non ci sono due eserciti a fronteggiarsi. Vero: è stato qualcosa di peggio, perché una guerra che sia tale deve sottostare a convenzioni internazionali la cui violazione attirerebbe nuove ostilità. Si è trattato di una campagna di occupazione da parte di Tel Aviv determinata da uno sconvolgente atto terroristico la preparazione del quale ha richiesto il sostegno e la complicità di larghe parti della popolazione civile gazawa. Da un lato si è trovato un esercito, spietato e feroce; da un altro una resistenza, sostenuta da forze rivoluzionarie straniere come anche da governi musulmani anti-israeliani, Hezbollah e Iran, ma non solo, condotta in maniera altrettanto feroce: esponendo bambini alle bombe nemiche, assiepando ospedali e strutture pubbliche per scoraggiarne i bombardamenti, angariando gli ostaggi e lasciando che morissero di stenti, adottando metodi di guerriglia propri di una fazione in armi, sottomettendo e strumentalizzando la popolazione.
Hamas ha cercato di ottenere con la forza quanto è possibile avere solo con la diplomazia: il riconoscimento cioè e l’edificazione dello Stato palestinese, rivendicazione più che legittima e non meno nobile di quella che mise fine alla diaspora ebraica nel Dopoguerra. Ha voluto il 7 ottobre, uccidendo quasi trecento soldati dell’Idf, avendo la meglio sul terreno, per dichiarare una guerra non fondata su agguati, esplosioni e stragi, ma sostenuta ad armi pari. Israele ha risposto con una prima operazione di polizia, volta alla ricerca ei tunnel, quindi di Intelligence, poi è passato anch’esso alle ragioni della forza, che si è rivelata ben maggiore di quella di Hamas. Che un risultato ha ottenuto nel logoramento di due anni: il calo di solidarietà interna. Le esecuzioni di piazza intraprese dopo l’accordo sul cessate il fuoco dimostrano proprio questo: da un alto l’insorgenza nella Striscia di una dissidenza che punta ancor oggi all’esautoramento di Hamas e da un altro la presenza di una grossa, forse maggioritaria, percentuale di abitanti che sono contrari al gruppo terroristico delle cui logiche chiedono il superamento attraverso innanzitutto il disarmo.
Israele ha fatto il lupo contro la Palestina e l’agnello con gli Stati Uniti, perché gli equilibri tra Stati rivali o amici sono basati su rapporti di forza, che non è politica ma militare. Gli eccidi imputati a Tel Aviv di quasi 70 mila civili massacrati sono il frutto di tali rapporti, gli stessi che hanno fatto e scandito la storia dell’umanità. Israele ha fatto in due anni a Gaza quanto Gaza ha fatto in un solo giorno in Israele: con effetti moltiplicati per cento perché di questa misura è stata la forza messa in campo. Poteva massacrare in un giorno cinquemila palestinesi che erano nelle sue carceri, mutuando metodi terroristici. Non l’ha fatto. Non giustifica tale prudenza l’ecatombe che ha consumato nella Striscia, ma perlomeno dà conto di un grado di coscienza che dovrebbe mitigare l’acerrimo odio che gli viene portato. Ha sterminato civili mobilitando l'esercito quando poteva ottenere un risultato più vistoso, uccidendo un numero impressionante di altrettanti civili palestinesi, senza lasciare i confini e in poche ore, risparmiando risorse umane e finanziarie. Se non l'ha fatto, significherà qualcosa.