sabato 18 ottobre 2025

Per favore, non portate l'educazione sessuo-affettiva a scuola

 
Il no della Commissione cultura di Montecitorio a “tutte le attività didattiche e progettuali attinenti all’ambito della sessualità” sia alle Elementari che alle Medie non è piaciuto a quei milioni di genitori che speravano di essere sostituti in una funzione cui loro hanno abdicato e che si sono dichiarati incapaci di assolvere o disposti a farlo - se non è vero che essi per primi avrebbero bisogno di un corposo corso di educazione sessuo-affettiva, come è stata definita la materia da portare a scuola.
Dove evidentemente lo scopo del progetto al momento arenato sarebbe quello di insegnare come non c’è sesso senza amore e che il primo è possibile, ovviamente non prima almeno del liceo, solo se c’è l’altro.
Se negli anni Sessanta e avanti si parlava di educazione sessuale, sesso libero o libero amore, dovendo la liberazione del sesso riguardare la sola sfera fisica, oggi la questione, in un processo che vorrebbe essere progressivo ma segna un regresso, è posta nei termini di una inscindibile unicità tra sfera sessuale e sfera affettiva. Ciò che insomma non vale più da adulti, quindi per i genitori, deve contare invece per bambini e adolescenti, che a scuola devono imparare il perché di certe pratiche solitarie o di coppia mentre a casa devono ancora capire se mamma e papà si stanno lasciando, se uno dei due genitori ha l’amante, se è normale stare con genitori dello stesso sesso.
L’educazione sessuo-affettiva che si vorrebbe insegnare in classe sembra più che altro un indottrinamento da catechismo inteso a stabilire un’equazione che oggi è messa fortemente in discussione da dinamiche sociali, comportamentali, etiche che ancora non hanno trovato definizione né giustificazione. Sarebbe pertanto necessario educare i genitori prima che i loro pargoli e metterli tutti d’accordo, così che i figli non si sentano in aula dei diversi, su orientamenti sessuali, scelte matrimoniali o convivenze di fatto, rapporti extraconiugali, relazioni dello stesso genere.
Forgiare i figli alla conoscenza del sesso, renderli consapevoli di misteri il cui svelamento è stato sempre affidato nella tradizione italiana all’esperienza individuale - tra emozione, paura, sorpresa, confusione: gli elementi sani e naturali della formazione – comporta il rischio di un rovesciamento di posizioni all’interno della famiglia, dove le maggiori certezze teoriche le avrebbero e mostrerebbero i figli mentre i genitori nella pratica professerebbero come fanno solo dubbi e timori.
La nuova materia scolastica sarebbe tuttavia indicata per impedire ai bambini e agli adolescenti di avvicinarsi al sesso attraverso internet e dunque di maturare una coscienza viziata e morbosa. Nei fatti non ci sarebbe bambino che, appresa la teoria a scuola, non farebbe la pratica online, con maggiore cognizione e sapendo cosa cercare: più che educarlo verrebbe addestrato e messo nelle condizioni di muoversi non solo con più facilità ma soprattutto con minori scrupoli, senza segretezza e sensi di colpa o timore di peccare.
«Amore, cosa hai fatto oggi a scuola?» possiamo immaginare la mamma dire al bambino di ritorno a casa. «Ci hanno insegnato cos’è la masturbazione e come si fa». «Bello, ora mangia e poi vai a fare i compiti».
Se una materia c’è che non dovrebbe avere un’ora in classe è proprio l’educazione sessuo-affettiva. Non solo perché è del tutto irrintracciabile l’insegnante capace di insegnarla nei termini più appropriati e liberi da condizionamenti ideologici o frutto della propria vicenda (giacché non c’è nessuno che non l’abbia vissuta da bambino in maniera del tutto personale e che da grande ancora di più non abbia diversificato la propria esperienza), ma soprattutto perché, impartendone nozioni in una classe promiscua, si pongono bambini e bambine sullo stesso nastro di partenza, con la conseguenza di svilire tutte le future evoluzioni circa i ruoli dei due generi, dal corteggiamento all’approccio, dall’iniziativa alla partecipazione. Si dirà: meglio, così si avrà finalmente la parità dei sessi. Probabilmente sì, ma non è ancora dimostrato che nello stesso tempo non si abbia anche, all’età non dell’apprendimento ma della sua applicazione, un crollo della libido e uno smarrimento della propria identità da parte non di lei ma di lui.
Se nessun insegnante si sognerebbe mai di insegnare a un bambino come e perché deve mangiare, camminare, lavarsi le mani o andare di corpo, trattandosi di funzioni fisiologiche naturali che si apprendono facendole, tuttalpiù grazie ai genitori, perché dovrebbero aversene che insegnino non anatomia ma sessualità, forse la prima attività umana che gli adolescenti scoprono con il gusto di scoprirla, nella confidenza con i compagnetti, nella delicatezza misurata della mamma, nella quotidiana e irripetibile ricerca del nuovo brivido (forse il retaggio più caro nella memoria da adulti), nella solitudine delle proprie domande, che non creano confusione ma formazione. Come è sempre stato, non per il passatista piacere di conservare tabù quanto per lasciare che i processi naturali favoriscano virtù.